Lecce: Chiesa di San Matteo

Il sito archeologico di Roca Vecchia: una scoperta per il Salento

Una delle località più misteriose e incantevoli del Salento: per il grande pregio paesaggistico e per le testimonianze storico-religiose che risalgono fino al Neolitico

Roca VecchiaA Sud-Est di Lecce, nel territorio di Melendugno e a pochi metri dalle più rinomate mete turistiche di San Foca e Torre dell’Orso, l’area archeologica di Roca (o Roca Vecchia) è oggetto, da circa un quarto di secolo, di attività di ricerca coordinata e diretta dal prof. Cosimo Pagliara del Dipartimento dei Beni Culturali dell’Università di Lecce. Frequentata intensamente durante l’Età del Bronzo e fino al XVI sec., quest’area, quasi del tutto sconosciuta, è una delle località più misteriose e incantevoli del Salento: per il grande pregio paesaggistico e per le testimonianze storico-religiose che risalgono fino al Neolitico. Grazie alle ricerche del prof. Pagliara e del prof. Guglielmino dell’Università di Pisa, sono stati individuati e analizzati i siti archeologici della Baia di Torre dell’Orso e della Grotta di San Cristoforo – che presentano testimonianze epigrafiche e subacquee dal VI sec. Fino al XII sec. -, della “Grotta della Poesia”, scoperta nel 1983, che si caratterizza per le migliaia di testimonianze epigrafiche sulle pareti relative all’epoca messapica e dell’area degli insediamenti, che facevano di Roca un fiorente centro culturale e commerciale nel tardo Medioevo.

Roca VecchiaE’ innegabile che il gioiello di Roca sia la “Grotta della Poesia”, una cavità carsica dalle origini molto antiche che nel corso dei tempi ha subito notevoli mutamenti geologici dovuti soprattutto a crolli di volte e pareti verificatisi a causa dell’opera erosiva del mare. Il nome di questa ed altre cavità più piccole è di origine greco-orientale. ‘Posìa’ (da cui ‘Poesia’) nella lingua grika di Calmiera (che è uno dei centri più importanti della Grecìa Salentina) indicava il luogo dove era possibile bere acqua dolce; infatti vi sono stati riscontrati i segni di una fonte che scorreva nell’antichità. Per ciò che concerne le iscrizioni, esse occupano una fasci a che è alta rispetto all’attuale livello del mare circa 8 metri e una superficie interamente incisa che oscilla fra 500-600 metri quadri. La grotta fu un santuario di una divinità indigena, chiamata Taodor (che dona salvezza), il cui nome compare spesso in tutti i testi anche con varianti.

Ma roca fu anche un nucleo urbano di rilievo nel periodo angioino. A testimoniarlo sono le tracce di strade rettilinee e regolari venute alla luce grazie agli scavi e alle ricerche degli studiosi. Con la presa dei Turchi, nel 1480, Alfonso II d’Aragona la fortificò nuovamente, anche se nella seconda metà del XVI sec. Fu rasa al suolo per ordine del Governatore di Terra d’Otranto. Da allora e fino all’inizio del 1900 l’area, divenuta demaniale fu utilizzata come terreno agricolo. Oggi, finalmente, quest’area, ritenuta di fondamentale importanza per la storia dell’archeologia e dell’urbanistica, sta per diventare un “Parco” archeologico ed ambientale. Un “Parco” in grado di esercitare il suo fascino non solo sugli studiosi ma anche sui turisti che non perdere un appuntamento con la storia.

 

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