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Lazio: nocciole che passione, nella tuscia raccolta tra luci e ombre

CAPRAROLA (VITERBO) - E' iniziato il countdown per la raccolta delle nocciole in provincia di Viterbo

 

CAPRAROLA (VITERBO) - E' iniziato il countdown per la raccolta delle nocciole in provincia di Viterbo. Sara' una stagione, quella 2005, caratterizzata da due record, uno d'impronta negativa e l'altro positivo: riduzione della produzione ma buoni prezzi al quintale.
La quantita' del prodotto, a causa di una serie d'eventi meteorologici avversi che si sono succeduti da gennaio a maggio, sara' circa la meta' di quella dello scorso anno. Si calcola infatti che a fronte dei 400mila quintali dell'eccezionale campagna 2004, quest'anno si arrivera' a stento ai 200mila. Una perdita secca del 50%, parzialmente compensata dal prezzo al produttore che sta subendo un'impennata senza precedenti, complice anche l' andamento della stagione in Turchia, ancora pesantemente condizionata dalle gelate che hanno flagellato le piantagioni nel 2004. Sebbene il mercato delle nocciole sia condizionato da una serie di variabili non sempre prevedibili, ad oggi, il prezzo a punto resa oscilla tra i 7,5 e gli 8,5 euro, il che da' una media di 320 euro al quintale. Una vetta mai raggiunta prima, superiore di quasi un terzo rispetto all'ottima quotazione gia' raggiunta nel 2004, con media 230 euro al quintale. Il punto resa e' dato dal frutto netto ricavato da un kg di nocciole sgusciate, in genere 420-440 grammi. Ogni 10 grammi di frutto rappresentano un punto resa che, moltiplicati per l'importo stabilito, determinano il prezzo finale.
NELLA TUSCIA 20 MILA ETTARI DI NOCCIOLETI L'area di produzione delle nocciole nella Tuscia ha per epicentro la valle del lago di Vico, nel territorio comunale di Caprarola, e nei vicini centri di Ronciglione e Capranica, anche se la nocciolicoltura e' diffusa un po' in tutto il territorio provinciale. Nell'area della Comunita' Montana dei Cimini sono concentrati oltre 6.500 dei 20mila ettari di coltivazioni per una produzione di 130mila quintali l'anno su 300mila complessivi. Le aziende di produzione, alcune migliaia, sono quasi tutte a conduzione familiare. Il valore del prodotto lordo vendibile va dai 65 ai 75 milioni di euro l'anno. Nella maggior parte dei casi si tratta di un reddito aggiuntivo, cui si deve una cospicua fetta del reddito pro capite provinciale, che ha favorito, ad esempio, il boom edilizio nei comuni di produzione, ha impresso un'accelerazione ai consumi e alla scolarizzazione delle popolazioni. Insomma, una pezzo di ricchezza della Tuscia e' dovuta proprio alle nocciole.
LA DIFESA DELLA SPECIE AUTOCTONA A causa della proverbiale inerzia delle istituzioni locali, finora non e' stato mai varato un disciplinare per la tutela della specie autoctona, la ''Gentile Romana'', a sua volta suddivisa in oltre 20 sottospecie, tutte contraddistinte da un guscio sottile e da un frutto molto saporito. Una dimenticanza considerata grave che riguarda anche le castagne ed altri prodotti agricoli locali. Il punto debole della ''Gentile Romana'' e' rappresentato alla difficolta' della pelatura dopo la tostatura del frutto. Un problema, quest'ultimo, che non hanno le altre specie italiane, l'avellinese e la piemontese, proprio per questo preferite dalle industrie dolciarie, che ormai assorbono il 95 per cento della produzione nazionale. La sola Ferrero, ad esempio, utilizza ogni anno 500mila quintali di nocciole. Tuttavia, negli ultimi tempi, la Comunita' Montana dei Cimini ha attivato un vivaio, nel territorio di Caprarola, dove vengono selezionate piante di ''Gentile Romana'' con frutti dalle caratteristiche organolettiche pregiate, che facciano cadere presto il frutto e che producano pochi polloni. L'annuale taglio dei polloni, infatti, e' l'unica attivita' connessa alla coltivazione delle nocciole che deve essere eseguita a mano e che, di conseguenza, fa lievitare il costo della manodopera.
LA FUGA DEL VALORE AGGIUNTO Altro grave problema della nocciolicoltura della Tuscia e' la cronica incapacita' di completare la cosiddetta filiera. In pratica, l'intera produzione viene lavorata, trasformata e commercializzata in altre zone d'Italia e del mondo. Di conseguenza il valore aggiunto, che rappresenta la fetta piu' consistente del reddito da nocciole, finisce altrove. Alcuni segnali positivi sono arrivati negli ultimi anni da alcune aziende che hanno iniziato a commercializzare pasta e granella di nocciole, un semilavorato utilizzato dalle grandi aziende dolciarie. Ma si tratta di un'attivita' che trattiene solo una parte infinitesimale del valore aggiunto complessivo. Qualcosa, in questo senso, si muove anche sul fronte delle tre associazioni di produttori attive nel Viterbese, che hanno cominciato a porsi seriamente il problema della trasformazione e della commercializzazione del prodotto finito. Ma, allo stato dell'arte si tratta ancora di buoni propositi e di qualche accenno di progetto.
19/08/2005 01:51.

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Fonte: "Ansa.it" del 19/08/2005.

 

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