Lecce: Chiesa di San Matteo

Neviere, muretti a secco e frantoi ipogei

Strade da vivere: lungo la strada dei monumenti della civiltà rurale
di Elio Paiano

 

Muri a secco nel SalentoUno degli itinerari salentini più interessanti è quello dei monumenti della civiltà contadina.
Una serie di testimonianze che ricordano la lunghissima storia della civiltà agricola del Salento. E’ facile individuare itinerari interessanti appena fuori porta un po’ in tutto il Salento. Basta seguire le mulattiere, oppure lasciarsi guidare dagli olivi secolari.
Innanzitutto ci sono i muretti a secco. A prima vista appaiono tutti uguali, ma non è affatto così. Ci sono i muretti che dividono le proprietà e ci sono quelli che mostrano diverse sporgenze.
In alcuni casi, osservandoli attentamente, si riconoscono dei conci sporgenti: erano gli appoggi per montare con facilità sui cavalli e sui muli. Altre volte un concio forato indica il luogo in cui venivano attaccati i cavalli.

Muro paralupiIn ogni crocicchio di zona come l’entroterra hydruntino, la zona di Melendugno, oppure verso Ostuni e Fasano è fornito di questi particolari accessori. Ma non solo. Basta dare uno sguardo più attento per vedere i “muri paralupi”: sono più alti e larghi degli altri e difendevano gli animali dai branchi di lupi che erano negli enormi boschi del Salento.

PajareLa pajara salentina, mirabile esempio di costruzione a secco, è meno nota del trullo, ma non meno affascinante. Si tratta di costruzioni che hanno aiutato per secoli i nostri contadini. Un prodigio di ingegneria che ha permesso di avere un ricovero, oppure un luogo di lavoro. Nei “furni” ad esempio, si faceva cagliare il latte e si produceva il formaggio, oppure il pane, insomma, si trasformavano i prodotti agricoli direttamente sul posto. I segni di questa secolare attività sono ancora visibili: pareti annerite, segni d’attacco delle grandi padelle di ferro etc.
In luoghi bellissimi e struggenti, poi, alcune di queste costruzioni sono circondate da un recinto, era lo stazzo per gli animali, ci vivevano i pastori sempre a contatto con il loro prezioso gregge. Un gregge fatto, magari, di resistentissime “pecore leccesi” in cui era prezioso l’aiuto degli asinelli di Martina Franca – robusti e resistenti – per trasportare il formaggio.

Pozzi e PozzelleMa uno dei capolavori poco conosciuti e più affascinanti della civiltà contadina sono le pozzelle. Le si ritrova un po’ in tutta la Grecìa salentina. Costituiscono un vero e proprio capolavoro d’ingegneria. Immaginate di vederne la sezione: è un trullo sommerso nel terreno. La struttura di pietra filtrava l’acqua che affiorava in superficie presso terreni paludosi o piccole depressioni. In questo modo, filtrandola, si otteneva dell’acqua limpida e potabile. Una vera e propria conquista, visto che si trattava di acqua pubblica, accessibile a tutti, in zone note per la loro siccità. Ancora oggi, se andate a Corigliano, Martignano, Zollino o in altri paesi di lingua grika, troverete la zona “pozzelle” da visitare.
Si potrebbe fare un vero e proprio percorso dell’acqua per vedere le splendide masserie in cui il sistema di raccolta prevedeva gocciolatoi e cisterne in grado di raccogliere “fino all’ultima goccia”.

Ma non è solo per questo, la lunga teoria di manufatti della civiltà contadina mostra anche altri segreti. Ad esempio le “neviere”. NeviereIncredibile pensare a questo meraviglioso sistema che garantiva una “catena del freddo” in un luogo così caldo come il Salento. Sfruttando la caratteristica della temperatura costante delle grotte, infatti, la neve pressata e coperta di un buon isolante come la paglia, garantiva ghiaccio e freddo anche in piena estate.
Questi “frigoriferi” ante litteram hanno garantito refrigerio per secoli in una terra assetata e calda. Forse, recuperare e mettere a sistema questi itinerari sarebbe una delle più grandi attrazioni di questa terra. Perché, per ultimo, bisogna pensare al capolavoro di questa civiltà: i frantoi ipogei. Lavorare l’olio richiedeva capacità simili a quelle degli alchimisti, per essere in grado di ricavare l’oro di Puglia dalle olive. Ma i frantoi non possono essere osservati come opere isolate e casuali, dai muretti alle pozzelle era tutta una civiltà che li ha generati, una civiltà da valorizzare.

 

Fonte: "Il Quotidiano" di venerdì 2 giugno 2006.
Autore: Elio Paiano

 

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